Come funzionerà la tassa minima globale
Un accordo preliminare per una tassa minima globale sulle multinazionali è stato siglato da 132 paesi a fine giugno. Mentre tutte le potenze del G20 hanno firmato l’intesa, alcuni paesi, pur invitati a sottoscrivere l’accordo, non l’hanno sottoscritto: Irlanda, Ungheria, Estonia, Nigeria, Perù, Kenya, Barbados, St. Vincent e Grenadines. L’accordo è in linea con la precedente proposta elaborata dai paesi G7 (Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Germania, Francia, Italia e Giappone).
Come funzionerebbe questa tassa minima globale (global minimum tax, GMT)?
L’accordo contiene due elementi distinti: un meccanismo per implementare una tassa minima sui profitti societari e un sistema per ripartire tra paesi una parte dei profitti (e quindi della base imponibile) delle multinazionali più grandi.
La tassa minima globale
Il meccanismo della GMT è stato concepito per funzionare anche qualora alcuni Stati mantenessero delle aliquote sui profitti minori rispetto a quella concordata dai 132 paesi. Quest’ultima, in base all’accordo preliminare dovrà essere almeno del 15 per cento e si applicherà a tutte le imprese multinazionali con almeno 750 milioni di euro di ricavi. La base imponibile, come altri importanti aspetti tecnici quali la precisa definizione di ricavi, dovrà essere definita con accordi successivi, ma sarà omogenea tra paesi (ovviamente) e basata sulla contabilità finanziaria delle imprese. Per “aggirare” il problema degli Stati con aliquote effettive minori del 15 per cento e che non hanno sottoscritto l’accordo, i paesi in cui si trova la casa madre di una multinazionale potranno prelevare da questa le imposte non pagate spostando altrove i profitti (profit shifting). In altre parole, se Apple pagasse in Irlanda invece che negli Stati Uniti (paese della casa madre) le imposte su profitti per 30 miliardi a un’aliquota del 12,5 per cento, il fisco americano preleverebbe da Apple 750 milioni (il 2,5 per cento di 30 miliardi) in aggiunta alla normale imposizione domestica, portando l’imposizione totale sui profitti di Apple almeno al 15 per cento. Non solo, qualora la casa madre di una multinazionale si trovasse in un paese con un’aliquota minore del 15 per cento, gli Stati che hanno ratificato l’accordo tasseranno le sussidiarie locali di questa multinazionale per integrare il mancato pagamento di imposte dovuto alla collocazione della casa madre. Il meccanismo descritto garantirebbe quindi un’imposizione effettiva almeno del 15 per cento e allenterebbe considerevolmente gli incentivi alla competizione fiscale tra paesi. Tuttavia, alcuni dettagli chiave sono ancora da definire: manca una definizione precisa della base imponibile e dei ricavi; ) manca una definizione precisa della quota di profitti da escludere da questo meccanismo; manca una definizione precisa di un ente o di un sistema di risoluzione delle controversie, sia tra paesi che tra imprese e paesi. A questo proposito, i 132 Stati firmatari dovrebbero concordare un piano dettagliato per implementare l’accordo entro ottobre 2021.