Non è un paese per giovani

In Italia, le cancellazioni anagrafiche per l’estero sono state circa 180mila nel 2019, effettuate prevalentemente da persone con cittadinanza italiana. Rispetto al 2018 (in cui erano 157mila), queste sono cresciute del 14,4 per cento. Il trend è in aumento dal 2010 e sono circa 900mila gli italiani trasferiti all’estero negli ultimi dieci anni.
Il Regno Unito, la Germania e la Francia rappresentano le mete europee più ambite: secondo i dati di fine 2019 dell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE), sui ben 5,5 milioni di italiani residenti all’estero circa 1,6 milioni risiede in uno di questi tre paesi. Molti di questi sono giovani laureati che emigrano con la speranza di trovare un lavoro e di essere valorizzati per le loro competenze. Dal 2010, sono infatti 208mila gli italiani in possesso di una laurea ad essersi trasferiti all’estero (circa il 23 per cento dei 900mila totali).
È indubbio che spesso la decisione di lasciare il proprio paese è influenzata da motivazioni personali o familiari. Tuttavia, molte possono essere le ragioni di natura economica che guidano questa scelta.

Il minor tasso di occupazione

In primo luogo, vi è la maggiore possibilità di trovare lavoro nei paesi di destinazione. Secondo i dati OCSE suddivisi per fascia di età (relativi al 2018), in Italia il tasso di occupazione è al 69,8 per cento per gli adulti (25-54 anni) e al 17,7 per cento per chi ha meno di 24 anni. I corrispondenti valori per la media europea sono 79,9 per cento e 32,8 per cento.
Con riferimento ai soli laureati (in tutte le fasce di età), il tasso di disoccupazione è pari al 5,8 per cento, a fronte del 4,0 per cento della media europea.

Lo sfavorevole divario salariale

Un secondo fattore che spinge i giovani a trasferirsi all’estero è il compenso economico. Per analizzare meglio questa determinante, si è effettuato un confronto con le retribuzioni medie nette di alcuni paesi europei. In Italia, la retribuzione media è di circa 21,5mila euro, valore inferiore rispetto sia alla media dei paesi selezionati (29mila), sia a quello della media europea (24mila). In particolare, il gap è forte rispetto a paesi come Germania (32mila) e Regno Unito (36mila). La differenza è anche pronunciata con la Francia (28mila).
Tuttavia, per una visione più completa delle differenze retributive tra paesi, occorre considerare anche il diverso costo della vita. A questo scopo, Eurostat fornisce la retribuzione annua espressa in euro a parità di potere d’acquisto (€ PPA), ossia una valuta artificiale che permette di acquistare la stessa quantità di beni e servizi in ogni paese.
Il dato italiano non si discosta molto dai valori in euro, ma quello degli altri paesi sì: l’esempio più evidente è quello del Regno Unito, dove l’elevato costo della vita ha un impatto cruciale sulla retribuzione reale. In generale, le discrepanze retributive tra l’Italia e i maggiori paesi europei se confrontate a parità di poter d’acquisto si riducono, ma rimangono consistenti.

 

Fonte OCPI

Articoli simili