Accessibilità Digitale: quadro normativo europeo e italiano, tecnologie e opportunità di mercato

L’accessibilità digitale è un principio fondamentale per garantire l’inclusività nella società dell’informazione; in sintesi, rappresenta la capacità di rendere i contenuti e i servizi digitali (siti web, applicazioni, documenti elettronici, strumenti software) accessibili a tutte le persone, indipendentemente dalle loro capacità fisiche, cognitive o sensoriali.
Obiettivo primario è assicurare che ogni cittadino possa fruire dei contenuti digitali senza ostacoli, in particolare le persone con disabilità. In tal senso mira anche a migliorare l’esperienza utente per tutti, rappresentando un tassello essenziale per l’attuazione dei diritti umani, l’inclusione sociale e il pieno esercizio della cittadinanza digitale.

L’accessibilità digitale si inserisce all’interno delle più ampie politiche di “e-inclusion” promosse a livello europeo e internazionale, che mirano a eliminare il divario digitale e a promuovere l’uguaglianza nell’accesso alle tecnologie, la possibilità, dunque il diritto, per tutte le persone, di accedere equamente a risorse, informazioni, ambienti fisici e digitali. Il diritto fondamentale dell’uomo, profondamente connesso con i principi di dignità, libertà, uguaglianza e inclusione sociale.
Inoltre, l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, approvata dall’ONU, riconosce l’accessibilità come leva cruciale per uno sviluppo inclusivo, equo e sostenibile.

Elementi normativi

A livello europeo, sino ad oggi il principale riferimento normativo è stato la Direttiva (UE) 2016/2102 sull’accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili degli enti pubblici. Entrata in vigore nel 2016, questa direttiva obbliga gli stati membri a garantire che i contenuti digitali degli enti pubblici siano percepibili, utilizzabili, comprensibili e robusti, attingendo in larga misura ai criteri WCAG 2.1 (Web Content Accessibility Guidelines) pubblicati dal W3C.
In sintesi, la Direttiva impone agli stati membri obblighi specifici relativi a:

  • Progettazione accessibile di siti web e app;
  • Dichiarazione di accessibilità pubblicata sui siti;
  • Meccanismi per segnalare difficoltà di accesso;
  • Monitoraggio periodico e relazione pubblica sullo stato dell’accessibilità.

Questa direttiva è stata recepita in Italia attraverso il Decreto Legislativo del 10 agosto 2018, n. 106, che ha aggiornato e integrato la “Legge Stanca” (Legge 4/2004), a sua volta già inclusiva dell’obbligo di accessibilità per i siti web della pubblica amministrazione in Italia. In particolare:

  • il 23 settembre 2019 è scattato l’obbligo di accessibilità per nuovi siti web pubblici;
  • il 23 settembre 2020 è scattato l’obbligo esteso a tutti i siti web pubblici esistenti;
  • il 23 giugno 2021 è scattato l’obbligo di applicazione ai contenuti delle app mobili degli enti pubblici;
  • il 20 dicembre 2022, il Lgs. n. 76/2020 ha esteso gli obblighi ai (pochi) privati che offrivano servizi al pubblico attraverso siti web o applicazioni mobili con un fatturato medio, negli ultimi tre anni di attività, superiore a 500 milioni di euro.

Il percorso normativo è stato ricco di interventi, l’argomento ha quindi avuto uno sviluppo nel tempo sino ad approdare alla Direttiva (UE) 2019/882, nota come “European Accessibility Act” (EAA), recepita in Italia con il D.lgs. 82 del 2022, ed oggi probabilmente uno dei capitoli più importanti su questo tema, in quanto impone requisiti di accessibilità anche ai prodotti e servizi di un più esteso settore privato, ampliando quindi il campo di applicazione. Tra i prodotti e i servizi interessati rientrano ad esempio:

  • terminali di pagamento e biglietterie automatiche;
  • computer, smartphone e dispositivi digitali;
  • servizi di comunicazione elettronica e di accesso a servizi di media audiovisivi;
  • servizi bancari, e-commerce, libri digitali;
  • servizi di trasporto, anche mediante app.

Si tratta di un passo fondamentale per lo sviluppo di un mercato digitale europeo, e tutti gli stati membri sono responsabilizzati affinché la strategia di accessibilità trovi la massima ricezione ed applicazione, garantendone l’applicazione entro i termini previsti del 28 giugno 2025.
In Italia, i fornitori di servizi potranno continuarne l’erogazione tramite i prodotti che già utilizzavano in modo legittimo prima di tale data, fino al 28 giugno 2030.
Per quanto riguarda i terminali self-service, invece, quelli già in uso legittimo prima del 28 giugno 2025 potranno essere utilizzati per servizi simili per tutta la loro vita economica utile, ma non oltre vent’anni dalla loro prima messa in funzione.
La normativa italiana prevede inoltre un esonero dagli obblighi per le microimprese (meno di 10 persone e con un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro) ed attribuisce all’AGID (Agenzia per l’Italia Digitale) lo svolgimento delle attività di vigilanza e monitoraggio.
In caso di nuovi dispositivi fisici, le misure da implementare in ottica di conformità all’EAA entreranno a far parte dei processi di certificazione CE.

Qualora invece vengano rilevati sul mercato prodotti non conformi alla normativa, all’operatore economico interessato (in funzione dei casi può essere il fabbricante, il mandatario, l’importatore o il distributore) potrà essere richiesta l’implementazione delle azioni correttive entro un tempo ritenuto congruo con le modifiche richieste; se queste tempistiche non dovessero essere rispettate, potrà essere intimata la rimozione del prodotto dal mercato.
Sono previste inoltre sanzioni amministrative (sia in assenza di conformità, ma anche in caso di mancata collaborazione con le autorità di vigilanza), il cui importo potrà variare da 2.500 a 40.000 euro, in funzione di quanto riscontrato.

Tecnologie di riferimento per l’accessibilità

L’accessibilità digitale si basa su una combinazione di buone pratiche di progettazione, tecnologie assistive, innovazione e standard internazionali.
Come dicevamo, anche in relazione a quanto richiesto dalla Direttiva (UE) 2016/2102, nel corso degli ultimi anni sono state adottate sempre più come punto di riferimento le WCAG (Web Content Accessibility Guidelines), sviluppate dal W3C.
Snodandosi su tre differenti livelli di complessità, in sostanza le WCAG forniscono linee guida affinché un sito web sia percepibile (le informazioni devono essere presentate in modo che tutti possano percepirle), utilizzabile (l’interfaccia deve poter essere usata facilmente da chiunque), comprensibile (i contenuti e la navigazione devono essere chiari e comprensibili) e robusto (i contenuti devono funzionare con diverse tecnologie, presenti e future).
Sebbene condividano con l’EAA l’obiettivo comune di rendere prodotti e servizi accessibili alle persone con disabilità, quest’ultimo non indica nel dettaglio aspetti tecnici, ma stabilisce requisiti legali obbligatori, estendendone inoltre l’applicabilità dai soli siti web all’ampia gamma di prodotti e servizi precedentemente illustrata.

In sintesi, quindi, le WCAG continuano ad essere un valido punto di riferimento per una corretta applicazione dell’EAA sui siti web (in particolare oggi le WCAG 2.2 Livello AA), sul mercato sono stati resi disponibili vari tool open source/commerciali per una loro implementazione trasparente su siti web già in essere, ma occorre notare che le WCAG da sole non sono sufficienti a coprire tutti i casi.
In particolare, gli allegati dell’EAA stabiliscono requisiti sintetizzabili come segue:

  • Consentire l’accesso, la percezione e il funzionamento da parte di utenti con disabilità, inclusi quelli con limitazioni visive, uditive, motorie o cognitive (es. gestione degli aspetti relativi a luminosità/contrasto, palette di colori per daltonici, caratteri/spaziatura regolabile, alternativa alle immagini/video, text-to-speech)
  • Garantire alternative visive e sonore multisensoriali (es. sottotitoli, input/output vocali).
  • Avere interfacce utilizzabili, supportando anche tecnologie assistive (es. lettori di schermo, interfacce braille, comandi alternativi, tasti grandi e che non richiedono forza alla pressione)
  • Fornire istruzioni e informazioni comprensibili e percepibili (non solo dei prodotti, ma anche dei relativi imballaggi)
  • Garantire che tutte le informazioni contrattuali, di utilizzo e assistenza siano disponibili in formati accessibili.

Nel rispetto della privacy, inoltre, è importante che il prodotto tuteli la riservatezza dell’utente durante l’utilizzo delle caratteristiche di accessibilità, ad esempio consentendo l’utilizzo di cuffie auricolari personali.

I valori europei come vantaggio competitivo per il mercato e le imprese

Investire in accessibilità digitale non solo è coerente con i valori etici che contraddistinguono l’Unione Europea, ma, contrariamente a quanto può sembrare, porta con sé vantaggi anche in termini economici e competitivi; ecco alcuni benefici principali:

  • Espansione del mercato: rendere prodotti e servizi accessibili significa raggiungere il 27% di cittadini europei affetti da una qualche forma di disabilità (fonte: Eurostat), cui vanno aggiunte le persone anziane, con bassa alfabetizzazione digitale e/o in condizioni disagiate temporanee (es. infortuni, contesti ambientali rumorosi).
  • Innovazione: l’accessibilità stimola la progettazione universale, portando alla definizione di soluzioni più robuste e inclusive, e di conseguenza che si caratterizzano nel mercato per maggiore qualità.
  • Autenticazione inclusiva: molti sistemi spingono esclusivamente verso l’autenticazione biometrica (impronta, riconoscimento facciale), ma questi sistemi non sono accessibili a tutti (ad es. le persone senza arti superiori non possono usare l’impronta, alcune disabilità motorie o neurologiche rendono difficoltoso l’uso del volto o della voce); prevedere modalità di accesso multimodale amplia il rispetto delle diversità e la fruibilità dei servizi.
  • Customer satisfaction: contenuti chiari, interfacce intuitive e accesso facilitato migliorano l’esperienza utente per tutti, aumentando la fidelizzazione e la soddisfazione.
  • SEO e visibilità: l’accessibilità digitale migliora indirettamente il posizionamento nei motori di ricerca grazie all’uso di metadati, testi alternativi e strutture semantiche.
  • Reputazione aziendale: le aziende inclusive godono di una migliore reputazione ESG e possono valorizzare il loro impegno sociale nei confronti di stakeholder e clienti.

Numerose ricerche dimostrano inoltre come la progettazione accessibile aumenti le conversioni, riduca il tasso di abbandono e migliori l’efficacia delle strategie digitali.

L’EAA come motore per un uso etico dell’intelligenza artificiale (IA)?

Sebbene l’EAA attualmente non contempli esplicitamente questo aspetto, è inutile negare che il tema dell’intelligenza artificiale è ormai ampiamente discusso ogni giorno e molte realtà aziendali iniziano a riconoscerle un elevato potenziale, pur non avendo ancora una chiara visione su come applicarla concretamente nei propri servizi.
In tal senso l’EAA può agire da leva, favorendo un’applicazione utile ed etica dell’intelligenza artificiale nei prodotti, che non sia meramente di marketing.
L’intelligenza artificiale ha infatti un potenziale concreto e serio nel trasformare l’accessibilità in un asset tecnologico e sociale, si riportano di seguito alcuni spunti:

  • Riconoscimento adattivo del comportamento utente – l’IA può analizzare pattern motori o linguistici per adattare l’interfaccia dinamicamente alle capacità dell’utente, ad esempio riconoscendo che un utente usa un solo dito nella digitazione e semplificando l’interazione.
  • Assistenti vocali avanzati accessibili – l’IA può interpretare linguaggi semplificati o non verbali, migliorando l’accesso per utenti con disturbi del linguaggio o cognitivi.
  • Generazione automatica di contenuti alternativi – l’IA può generare automaticamente sottotitoli, descrizioni testuali e traduzioni in LIS tramite modelli specifici, così come convertire contenuti complessi (PDF, immagini, grafici) in formati leggibili da screen reader.
  • Sicurezza proattiva per utenti vulnerabili – l’IA può identificare comportamenti anomali che indicano un uso fraudolento dell’identità da parte di terzi, offrendo protezione avanzata per chi non può usare sistemi complessi di verifica.

Conclusione

L’accessibilità digitale è una condizione imprescindibile per garantire equità, inclusione e partecipazione nella società contemporanea; le direttive europee e la normativa italiana rappresentano un punto di partenza solido per trasformare questo principio in realtà.
Non si tratta solo di adempiere a un obbligo normativo, ma di cogliere un’opportunità per innovare, crescere e costruire un futuro più inclusivo. Le organizzazioni pubbliche e private sono chiamate a un impegno concreto: formare il personale, adeguare i sistemi, integrare l’accessibilità nella cultura aziendale.
In questo scenario, le imprese italiane ed europee hanno la possibilità di distinguersi, rafforzando la propria competitività e contribuendo a una trasformazione digitale sostenibile, etica e a misura di cittadino.
L’EAA, se visto con occhio strategico, è una cornice normativa che stimola innovazione intelligente.
Le imprese che investono in esperienza d’uso accessibile, sicurezza inclusiva, e AI responsabile non solo rispettano la legge, ma anticipano le tendenze del mercato tecnologico del prossimo decennio.

Autori
| Marco Pinzaglia | Marcello David |

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