Dettaglio di un fascio di fibre ottiche con le terminazioni illuminate, blu su sfondo scuro.

Dominio sottomarino: geopolitica, risorse e sicurezza

Una percentuale molto prossima al 100% del traffico Internet globale percorre cavi sottomarini che attraversano i fondali oceanici di tutto il mondo.

Principalmente tali cavi sono in fibra ottica con proprietà private e statali, nonché compartecipazioni miste.

I cavi consentono, nell’attuale epoca globalizzata, digitalizzata ed interconnessa, numerosissime attività che vanno dal semplice shopping online fino a numerose attività governative, tra cui anche quelle di intelligence.

Questo apre alla sempre più necessaria messa in sicurezza di tali infrastrutture, che forse a monte, non sono state pensate nei termini del connubio sicurezza nazionale e resilienza.

Il tema è ampio e riguarda tutta la catena dell’ecosistema cavi sottomarini, perché è oltremodo necessario riflettere su più vulnerabilità, in ottica nazionale ed europea, nonché nel più ampio alveo dell’alleanza atlantica in epoca di “guerra a pezzi”.

Non si può più non ragionare in merito ai cavi sottomarini se non in termini di infrastruttura critica o geopolitica dei cavi, perché in un mondo basato sullo scambio dei dati, la rivisitazione dell’intera filiera, dalla semplice posa fino alla proprietà del cavo stesso ha natura strategica per i vari attori mondiali, sia in relazione ai cavi già operanti, sia in relazione a quelli che certamente in futuro saranno progettati e costruiti. La topologia fisica dei cavi, sia che questi trasportino dati, sia che trasportino energia, è in grado di ridisegnare equilibri che fino a pochi anni orsono erano impensabili.

Ragionare in termini di approdo fisico del cavo (dove materialmente esce dalle acque) e di proprietà, ridisegna e sbilancia da una parte o dall’altra il dominio, o la prevalenza, a favore di entità statali o private.

Vi sono alcune tendenze, nemmeno troppo mascherate, con cui alcuni attori geopolitici stanno, o vogliono, ridisegnare l’infrastruttura di internet, consentendo a questi di controllare alcuni colli di bottiglia che nel corso degli anni si sono creati, anche a causa della naturale disposizione geografica dei principali luoghi in cui sono installati i server, oppure in relazione ai centri che hanno una grande richiesta di banda dati, come ad esempio metropoli oppure aree industriali.

Da una parte si assiste alla pressante necessità di rimodellazione delle infrastrutture digitali da parte di Pechino e Mosca, dall’altra si osserva come vi è la sempre maggiore presenza in termini di proprietà da parte dei quattro colossi informatici statunitensi: Amazon, Facebook, Google e Microsoft.

Queste multinazionali di settore stanno espandendo sempre più il loro dominio nel campo digitale, e la proprietà dei cavi consentirà loro di aumentare maggiormente la loro egemonia tramite il controllo fisico delle infrastrutture.

Si assiste alla necessità dell’asse russo-cinese di ritagliarsi uno spazio ai danni degli Stati Uniti.

Specularmente questi ultimi hanno il bisogno di mantenere lo status quo in un ambito che nel prossimo futuro avrà sempre più rilevanza.

Il genere umano produce sempre più dati, utilizza sempre più servizi digitali, e quindi, chi controllerà le autostrade dei dati, avrà la possibilità di dirigere il traffico.

L’argomento nel prossimo futuro avrà rilevanza oltre modo strategica.

Nella dialettica dovrebbe ritagliarsi un ruolo più rilevante l’Europa, anche sotto il profilo della proprietà, anche in termini di partecipazione in tali infrastrutture, considerato inoltre il crescente utilizzo di sistemi cloud da parte di attori pubblici e privati (i principali server sono negli Stati Uniti).

Appare impensabile in termini di sicurezza strategica, nonché di resilienza, concedere a terzi il totale controllo delle infrastrutture digitali.

Altri elementi in questione appaiono irrimediabilmente fondamentali anche sotto il profilo della sicurezza dei dati in transito. Aziende e governi potrebbero essere esposti al furto, alla manipolazione ed al potenziale blocco del traffico digitale.

Questo comporta il potenziale rischio per la sicurezza economica delle nazioni, rammentando che ci si spia anche tra alleati.

I cavi sottomarini sono, pertanto, un considerevole mezzo di influenza che le aziende, o gli Stati, hanno sulla configurazione, sul comportamento e sulla sicurezza dell’Internet globale.

Ad esempio, la Cina è famosa per limitare, se non chiudere, il traffico da e per l’esterno dei propri confini. L’India si è spesso dimostrata paese che “spegne” letteralmente internet per limitare la navigazione web entro i propri confini. Stesso discorso per la Turchia.

Da ciò si evince cosa comporta controllare internet. Gli U.S.A. hanno di recente mostrato quanto e come sorvegliano tutto con il caso NSA/Snowden.

Attualmente esistono poco meno di 500 cavi sottomarini deputati al trasporto del traffico digitale che si estendono su lunghe dorsali oceaniche. In questo argomento l’aumento dell’utilizzo della tecnologia del 5g aumenterà la richiesta di banda che andrà a viaggiare certamente tramite cavi sottomarini raggiungere server e sistemi cloud per l’elaborazione dei dati.

Il 5g non diminuirà la necessità di cavi sottomarini, la aumenterà.

Questo comporterà per gli Stati una seria riflessione, anche in considerazione dei costi di posa e gestione di tale tipo di infrastruttura. I privati rimarranno i principali player globali, ma sarà da attenzionare il grado di influenza o controllo degli Stati in cui operano.

I cavi sono in gran parte di proprietà di società private, anche in partnership tra loro, anche se certune società operanti nella gestione dei cavi sono direttamente riconducibili, controllate oppure influenzate da Stati oppure attori intergovernativi.

Ad esempio, Huawei Marine ha posato il 25% dei cavi mondiali.

Non è un segreto che il governo cinese svolge un chiaro ruolo di controllo ed indirizzo su moltissime aziende. Sono elementi su cui riflettere in termini eventuali di conflitto. A livello globale il settore privato amministra ampie aree delle reti, non solo, le costruisce, le possiede, le gestisce e ne ripara anche l’infrastruttura in caso di problemi o sabotaggi.

I cavi sottomarini, e quindi i proprietari, sono alla base della connessione globale, determinando quali regioni del mondo saranno connesse e come verranno collegate (velocità o larghezza di banda).

Non saranno di secondaria rilevanza i punti di atterraggio che collegano i cavi sottomarini con quelli a terra, perché anche in questo caso si andrà ad incidere sulla morfologia che si vorrà dare all’infrastruttura. Anche questi sono aspetti fondamentali di cui tener conto.

In sostanza, le società che gestiscono l’installazione dei cavi sottomarini generano effetti di natura geopolitica sulla connessione alla rete internet, e quindi, su tutto ciò che ne comporta, inclusa la sicurezza stessa degli Stati.

La difesa del dominio digitale non passa solamente dalla cyber security, passa anche dalla protezione delle infrastrutture contro danni, alterazioni nonché interruzioni.

Diverrà prioritario investire nella sicurezza e nella resilienza delle infrastrutture fisiche alla base delle trasmissioni che utilizzano la rete Internet, prestando attenzione anche alla proprietà e gestione dei cavi. Tutta la filiera è un potenziale fattore di rischio o opportunità.

Altro aspetto su cui soffermarsi è quello relativo alla diversificazione dei punti di approdo e delle rotte sottomarine: vi sono intere dorsali oceaniche di cavi concentrate in alcuni punti. Ad esempio, la maggior parte dei cavi sottomarini del Mediterraneo ha punto di approdo a Marsiglia, con successivo punto di approdo (tre e molto ravvicinati) in Egitto, e da qui, vengono instradati per un breve tratto via terra per andare successivamente nel Mar Rosso, passando per il collo di bottiglia dello stretto di Gibuti per poi andare a connettere l’Europa all’Asia, nonché ampie zone dell’Africa orientale. Questo aspetto comporta che, in caso di eventuale attacco, una parte significativa della connessione tra le due aree potrebbe essere a rischio in quanto non vi è una diversificazione sui punti di approdo e sulle tratte dei cavi.

Notizia del 27/02/2024 è l’attacco degli Houti agli importanti cavi in transito nel Mar Rosso, comportando malfunzionamenti alle comunicazioni digitali tra Europa e Asia, ed in modo più considerevole nei paesi del Golfo e in India.

Nello specifico sono stati danneggiati i cavi AAE-1, Seacom, EIG e TGN.

Il cavo sottomarino AAE-1 collega l’Asia orientale all’Europa attraverso l’Egitto, mettendo in comunicazione la Cina con l’Occidente.

Seacom e TGN collegano Egitto, India, Kenya, Tanzania e Sud Africa. Il sistema Europe India Gateway (EIG) collega l’Europa, partendo dal Regno Unito, a Egitto, Arabia Saudita, Emirati e India. Fortunatamente non sono stati danneggiati tutti i cavi passanti per questo stretto, consentendo ai gestori di aggirare i cavi danneggiati.

L’azione degli Houti comporterà seri problemi per il ripristino della linea, perché non sarà agevole procedere alla riparazione in quelle zone, fermo restando che successivamente si dovrà proteggere l’infrastruttura da nuovi attacchi.

Questo fa comprendere come sia necessaria una diversificazione delle rotte di posa. Altro esempio è la dorsale oceanica tra America del Nord ed Europa.

Gran parte dei punti di approdo si trovano nelle coste occidentali del Regno Unito e concentrate in zone relativamente vicine.

Medesimo ragionamento nello stretto di Gibilterra.

Basta osservare la mappa globale dei cavi e rendersi conto del ragionamento proposto.

Relazione Annuale dell’Intelligence 2023

Articolo di Giovanni Gambino | Senior Researcher | Centro Studi Europeo | WG on Geopolitical, Strategic, Economic and Intelligence Analysis