Foto in scala di grigi di un segnale stradale che indica Wall Street, a New York

L’importanza del debito privato negli shock sistemici

Le statistiche sono essenziali per assumere decisioni informate.

Questo è un fatto.

Un altro fatto è che il capitalismo è un sistema economico con luci ed ombre basato sul debito.

La politica economica degli Stati di tipo liberale lascia al debito privato, in determinati casi, degli aspetti in termini di riequilibrio delle crisi finanziarie e sociali, e pertanto, è quanto meno necessario dibattere su questo aspetto. In questa ottica si inizierà dicendo che il debito, nelle sue forme di tipo privato e pubblico assume aspetti differenti ma essenziali nelle dinamiche statali interne e internazionali.

Lo spostamento internazionale dei beni e dei capitali genera variazioni del livello dei prezzi oltre che del tasso di rendimento (interesse) dei singoli Paesi, e questo fa sì che vi siano ripercussioni sulla bilancia dei pagamenti. Secondo Acocella, la bilancia dei pagamenti è il documento contabile nel quale si registrano le transazioni economiche che hanno luogo in un determinato periodo fra residenti di un paese e non residenti e dalle quali scaturiscono esborsi e introiti in valute estere1. Lo spostamento dei beni tra Stati, in un sistema globalizzato, implica una competizione tra sistemi economici dove chi più esporta più sostiene la crescita, almeno a livello generale.

Questo porta verso un semplice fatto che, a prima vista, potrebbe apparire banale, e cioè una esportazione che, vista dall’estero, rappresenta un’importazione. Generando un credito da una parte, ed un debito dall’altra. Gli interessi sono contrapposti e di questo bisogna tenerne conto.

Le economie hanno degli equilibri che, in periodi di “calma” funzionano in un determinato modo ma, in talune circostanze, definite crisi, portano a scompensi spesso particolarmente rilevanti. Uno di questi è abbastanza recente: la crisi dei mutui subprime del 2008 negli USA.

Spesso però la “situazione si complica”.

Una di queste è il rapporto complicato tra USA e Cina, dove la prima importa massicciamente manufatti dalla Cina, finanziando di fatto lo sviluppo di questa, ma dall’altra abbiamo che il paese del Sol Levante è il primo finanziatore2 dell’enorme debito pubblico statunitense (40 trilioni di dollari). Nei fatti la Cina ha tutto l’interesse che il dollaro non abbia problemi. Potrebbe essere un’arma di ricatto, ma il costo sarebbe tutt’altro che a basso prezzo.

Tornando al tema principale, il debito privato gioca un ruolo fondamentale nelle dinamiche economiche degli Stati.

Non è sufficiente osservare il solo dato del debito pubblico, perché il debito privato da solo è in grado di trascinare intere economie in condizioni di crisi. Irrigidire la pressione fiscale in economie molto indebitate sotto il profilo privato potrebbe innescare una spirale dannosa successivamente sul debito pubblico in quanto gli aumenti delle imposte molto probabilmente conducono verso aggiuntive compressioni delle dinamiche economiche già penalizzate dall’elevato debito privato.

L’esperienza ellenica è ancora recente e dovrebbe essere ricordata con attenta osservazione.

L’aspetto importantissimo è che i titoli del debito pubblico rappresentano una parte del complesso delle passività finanziarie di una nazione, e che, per valutare gli equilibri di un sistema economico si dovrà tener conto anche del debito privato.

I capitali che confluiscono nel paese che prende in prestito, e quindi si indebita, affluiscono sia verso la parte pubblica che verso i privati.

Ma a ben vedere esiste un collegamento tra i due settori, perché in caso di crisi del debito privato, successivamente anche il settore pubblico entra in sofferenza, anche se in precedenza l’afflusso dei capitali che hanno consentito l’indebitamento privato ha generato ricchezza.

Il meccanismo è il seguente: il debito in fase iniziale consente maggiore spesa (privata in questo caso) la quale, sostiene l’economia di riferimento, e quindi a cascata redditi ed entrate fiscali. In determinati casi, in questa fase potrebbero scendere anche i disavanzi pubblici, se fatte scelte oculate.

L’aumento repentino del debito privato in termini percentuali di PIL e l’afflusso dei capitali in un dato paese rappresentano due indicatori importanti da tenere in osservazione.

In condizioni di crisi, come ad esempio shock esterni (la crisi USA del 2008 oppure il rapido aumento dei tassi di interesse), oppure “ravvedimenti” dei mercati quando si rendono conto che si è finanziato troppo, si arriva alla rottura del circolo.

Il debito privato (il passivo per famiglie e imprese) rappresenta l’attivo per i creditori (banche ed istituti finanziari). Quando l’attivo delle banche entra in sofferenza per il mancato pagamento del debito privato entra in gioco il meccanismo perverso del salvataggio dell’economia dalla crisi del sistema finanziario (i mutui subprime ed i successivi salvataggi a spese dei contribuenti, il caso Lehman Brothers ormai fa scuola e storia).

Il motivo è semplice: se le banche vanno a “gambe per aria” il sistema creditizio, e quindi economico, si blocca creando l’inceppamento del sistema su cui le moderne economie sono fondate.

Questo ragionamento è ben spiegato da Felice Roberto Pizzuti in un articolo su Sbilanciamoci: “la visione neoliberista ha favorito la crisi anche indebolendo il ruolo economico delle istituzioni e la loro capacità di compensare l’instabilità dei mercati che, peraltro, anche a seguito della globalizzazione, andava aumentando. Mentre i bilanci delle imprese, delle banche e delle famiglie erano stimolati all’indebitamento, per i bilanci pubblici si affermava l’ortodossia del rigore; le stesse istituzioni finanziarie che alimentavano il debito privato (lucrandoci, anche con speculazioni disinvolte a danno dei loro clienti), criticavano i disavanzi pubblici con conseguenze concrete rilevanti per le politiche economiche e gli equilibri sociali e politici. Tuttavia, quando la crisi è esplosa evidenziando la fragilità dei bilanci privati, da parte dei loro titolari non c’è più stata nessuna remora a chiedere (ed ottenere) il loro ripianamento alle autorità monetarie e ai bilanci pubblici. Ciò è avvenuto, specialmente negli Usa, subito dopo il fallimento della Lehman Brothers e riaccade adesso, particolarmente in Europa, dopo il dispiegarsi della “tragedia greca”. In quest’ultimo caso l’ortodossia rigorista punta il dito sul fatto che l’intervento della Banca Centrale Europea sarebbe reso necessario da politiche fiscali lassiste che hanno deprecabilmente spinto ad intaccare anche l’autonomia della Bce”.

Nei fatti la catastrofe economica finanziaria nel 2008 a livello globale, e nel 2011 in Europa per la crisi del “debito sovrano”, ha la stessa origine, non parte da politiche relative al bilancio pubblico, parte dal privato.

L’analisi condotta verrà effettuata nell’ambito delle principali economie europee aderenti all’Euro.

Una prima indicazione sul debito privato ci viene fornita dallo stock totale di prestiti e titoli di debito emessi dalle famiglie in percentuale del PIL (Fonte dati: Global Debt Database settembre 2023).

Il grafico sottostante ci mostra un primo dato molto interessante. Le famiglie più indebitate sono quelle Olandesi, le quali hanno un rapporto di indebitamento dal 2002 stabilmente sopra il 100% con picchi del 120% dal 2009 al 2012. Nel 2022 le grandi economie più indebitate a livello famiglia, in ordine decrescente sono la Francia (62%), la Germania 57(%), la Spagna (55%). Il nostro paese è poco sopra il 40%. Questo è un dato interessante, perché fa da contraltare al nostro elevato debito pubblico, mettendo a riparo sotto alcuni aspetti la nostra economia da eventuali shock sistemici. Il grafico mostra un altro importante elemento immediatamente identificabile: l’andamento del debito familiare irlandese. Esso cresce molto ed in breve tempo dal 2002 fino al 2009, tempi in cui l’Irlanda è stata vittima del grave stress finanziario derivante dalla crisi del debito sovrano. Le politiche di austerity imposte alla nazione irlandese sono oltre modo eloquenti. Questo è un indicatore da tenere in considerazione: aumento repentino del debito privato e stress del debito pubblico. Il nostro paese non ha avuto questo problema, e ciò deve far riflettere sulle cause (reali) che hanno generato lo stress dei nostri bond pubblici nel 2011.

Il grafico successivo mostra in modo particolareggiato la dinamica del debito familiare italiano, mostrando una chiara crescita dal 1989. Questo aspetto deve essere valutato sinteticamente alla luce di alcuni fattori. Il primo è che il PIL reale in quel periodo non è mai divenuto negativo ma ha sempre avuto un miglioramento, la spesa pubblica in termini reali è diminuita dal 1993, nel 1989 si è avuto un aumento dei tassi di interesse (dopo un breve periodo di diminuzione tra il 1984 e il 1988 il tasso di interesse nominale è aumentato nuovamente fino a un nuovo picco del 13,1% nel 1992), nel periodo 1986/1991 si è avuto in lieve aumento dell’inflazione (comunque con riduzione progressiva in termini percentuali). Una spiegazione di questo aumento dell’indebitamento delle famiglie italiane potrebbe essere data dall’aumento significativo dei prezzi degli immobili di tipo residenziale, i quali triplicano il costo medio nel periodo 1986/19913. Rimane il fatto che, i rapporti tra i vari paesi dell’area euro in esame, mostrano le famiglie italiane in una condizione di indebitamento strutturale nettamente migliore rispetto alle altre sulla serie storica.

Altra importantissima dinamica è quella relativa al debito del settore privato, ovverosia lo stock di passività detenuto dai settori delle società non finanziarie, famiglie e istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie. Gli strumenti presi in considerazione per la compilazione del debito del settore privato sono i titoli di debito e i prestiti, con dati presentati in termini consolidati, cioè non tengono conto delle operazioni all’interno dello stesso settore, ed espressi in % del PIL (dati Eurostat).

I dati mostrano chiaramente che, prima dell’esplosione della crisi del debito sovrano in Grecia, Irlanda, Spagna e portogallo è esploso il debito privato, tranne che in Italia se non in modo nettamente minore rispetto a questi ultimi paesi, con variazioni percentuali in termini di PIL sostanzialmente uguali a quelle della Francia. Importante è il debito privato della Danimarca, del Belgio, della Svezia e soprattutto dell’Olanda. L’Irlanda ha ridotto drasticamente il proprio debito privato, ma era più che logico aspettarlo alla luce delle pesanti politiche di austerity imposte pe il salvataggio. L’Italia tra le grandi economie europee si conferma il paese meno indebitato, ben 15 punti percentuali di PIL sotto rispetto alla Germania ma, salta all’occhio la crescita graduale del debito privato francese (la seconda economia dell’eurozona).

Le tabelle precedenti mostrano gli stock totali di debito privato (l’ultimo mostro lo stock totale, il primo in assoluto quello delle famiglie). Da questo si può ricavare il debito delle aziende, fornendo interessanti spunti anche in questo caso. L’Irlanda continua ad aver un importante debito privato a livello aziendale, scendendo comunque dalla rilevante percentuale del 2015 sul rapporto con il PIL. L’Olanda si conferma indebitata in modo considerevole anche in questo settore, rendendola esposta a shock. Il debito aziendale italiano si conferma tra i più bassi a livello europeo in linea con quello tedesco. Le aziende francesi sono quelle più indebitate tra le grandi economie. Sono elementi di indagine di politica economica interessanti.

L’analisi sul tema procede mostrando un altro importante elemento: la posizione patrimoniale netta sull’estero (NIIP). Una posizione patrimoniale netta sull’estero (NIIP) misura il divario tra lo stock di attività estere di una nazione e lo stock di attività di quella nazione. Essenzialmente, può essere visto come il bilancio di una nazione rispetto al resto del mondo in un dato momento.

Sinteticamente i punti chiave sono i seguenti:

  • Una posizione patrimoniale netta sull’estero (NIIP) misura il divario tra lo stock di attività estere di una nazione e lo stock di attività di quella nazione nei confronti dell’estero.
  • Può essere visto come il bilancio di una nazione rispetto al resto del mondo in un momento specifico.
  • La NIIP è un importante barometro della condizione finanziaria e dell’affidabilità creditizia di una nazione.
  • Una nazione con una NIIP positiva è una nazione creditrice, mentre una nazione con una NIIP negativa è una nazione debitrice.

La maggior parte delle nazioni pubblica i dati NIIP trimestralmente, specificando che essa comprende investimenti diretti, investimenti di portafoglio, altri generici tipi di investimenti e attività di riserva che includono valute estere e oro. La NIIP di una nazione è una componente chiave del bilancio nazionale poiché la NIIP sommata al valore delle attività non finanziarie è pari al patrimonio netto di un’economia. La posizione NIIP è un importante barometro della condizione finanziaria e dell’affidabilità creditizia di una nazione. Un valore NIIP negativo indica che le nazioni straniere possiedono più attività della nazione nazionale di quanto la nazione nazionale possieda attività estere, rendendola così una nazione debitrice. Al contrario, un valore NIIP positivo indica che la proprietà di beni esteri da parte della nazione nazionale è maggiore della proprietà di beni esteri da parte della nazione straniera, rendendola quindi una nazione creditrice.

I dati di cui alla figura successiva (fonte EUROSTAT) mostrando una dinamica interessante avvenuta prima della crisi del debito sovrano in Europa nel 2011. Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda (i famosi PIIGS esclusa l’Italia) hanno avuto un rapido peggioramento della NIIP, fatto oltremodo indicatore di quello che stava accadendo ben prima della reale esposizione della natura della bolla. Per quanto riguarda la posizione del nostro paese si noti che dopo la crisi del debito sovrano inizia una positiva posizione NIIP compressa lievemente durante il periodo pandemico. Altro aspetto interessante è quello relativo al paese olandese. Benché esso sia indebitato a livello privato, esso gode di una NIIP in termini percentuali del 10 al 2022 (hanno residenza qui alcuni degli istituti bancari più importanti, nonché qui hanno sede legale molte multinazionali, tra cui Unilever, Shell, Stellantis). Al 2023 solamente 3 economie hanno una NIIP negativa, ovverosia il Belgio, la Grecia e la Francia. Per quest’ultima il dato è interessante.

Altro approfondimento è quello relativo agli IDE (compente della NIIP). Gli investimenti esteri diretti sono una categoria di investimenti che riflette l’obiettivo di stabilire un interesse duraturo da parte di un’impresa residente in un’economia (investitore diretto) in un’impresa residente in un’economia diversa da quella dell’investitore diretto. L’IDE in entrata è l’investimento di un investitore diretto non residente in un’impresa residente nell’economia ospitante (le definizioni si basano sul Sesto Manuale della Bilancia dei Pagamenti del FMI).

Il primo aspetto su cui iniziare il ragionamento è il seguente: in Europa (UE) abbiamo di fatto un paradiso fiscale, ovverosia l’Olanda. A parte ciò, i dati ed i grafici successivi mostrano come i periodi precedenti alle crisi finanziarie hanno visto un chiaro aumento degli IDE verso il paese dei tulipani.

Ciò si è verificato nel 2007 (prima dello scoppio della bolla dei mutui sub prima) e nel 2011 (crisi del debito sovrano europeo). Oltre a ciò, la Germania ha visto aumenti non marginali in termini di IDE.

Ultimo elemento in analisi è il tasso di risparmio.

Essa è un indicatore, espresso sotto forma di percentuale, utile a capire quale porzione di reddito è dedicata agli accantonamenti per spese/obiettivi futuri. Questo indicatore è da inserire nel discorso generale fin qui fatto perché suggerisce alcuni temi su cui riflettere. Quando le famiglie diminuiscono la quota di risparmio pian piano si va verso l’indebitamento, mostrando anche un peggioramento delle dinamiche economiche di un paese sotto più aspetti. L’Italia (oltre Grecia e Portogallo) è l’unico Stato dell’area euro che ha ridotto il tasso di risparmio delle famiglie da poco prima della pandemia fino ad ora. Potrebbe essere il precursore di aumento del debito delle famiglie.

CONCLUSIONI

Quanto fin qui evidenziato ha mostrato l’importanza del debito privato in termini di shock economici, in quanto, a partire da esso, è possibile che vi sia un contagio in termini di debito pubblico.

L’esperienza USA nel 2008 e successivamente in Europa con la crisi del debito sovrano in Irlanda, Grecia, e Portogallo lo ha dimostrato.

In termini di debito privato l’Italia è tra le economie più solide all’interno dell’area euro, anche se il tasso di risparmio delle famiglie si erode, facendo questo presagire un possibile aumento dell’indebitamento privato. Anche il debito delle aziende italiane è tra i migliori in termini di rapporto con il PIL.

Al contrario di molte aspettative il debito privato da tenere in osservazione è quello olandese, essendo sopra una soglia prudenziale del 133% sul rapporto con il PIL.

Come già osservato in fase introduttiva il modello capitalistico è fondato sul debito, e pertanto, non è da considerarsi sempre fattore negativo, lo diventa nel momento in cui esso diviene insostenibile e potenzialmente causa di insolvenza, causando rilevanti danni all’economia ed ai bilanci pubblici in caso di crisi bancarie, andando successivamente a deprimere l’economia reale con effetti a cascata spesso difficilmente risolvibili nel breve e medio termine. In conclusione, debito sì ma con oculate politiche di finanziamento.

APPENDICE

Si vuol mostrare un dato interessante a livello globale in termini di NIIP. Il grafico si commenta da solo.

  1. N. Acocella, Fondamenti di politica economica, ed. Carocci. ↩︎
  2. N.D.R.: Il secondo finanziatore il Giappone. ↩︎
  3. N.D.R. La proprietà della casa è più comune nell’Europa orientale che nell’Europa occidentale. In paesi come il Kosovo (97,8%), l’Albania (96,3%) e la Romania (95,3%) si supera addirittura il 95%. Germania (49,1%) e Svizzera (42,2%) hanno di gran lunga il tasso di proprietà abitativa più basso in Europa. Sono gli unici Paesi in cui i proprietari di case sono una minoranza rispetto al totale. In Italia la percentuale di proprietà della casa è del 73,7%, secondo i dati Eurostat (fonte idealista). ↩︎

Articolo di Giovanni Gambino | Senior Researcher | Hermes – Center for European Studies WG on Geopolitical, Strategic, Economic & Intelligence Analysis