Il Presidente Iraniano Ebrahim Raisi tiene un discorso durante la commemorazione per la Guardia della Rivoluzione Qasem Soleimani

Iran: vuoto di potere in seguito alla morte del Presidente Raisi

La morte del Presidente Raisi e il vuoto di potere

Il 19 maggio 2024, l’elicottero con a bordo il Presidente Ebrahim Raisi, il Ministro degli Esteri Hossein Amir-Abdollahian e altri alti funzionari del regime di Teheran è stato coinvolto in un incidente. Il giorno successivo, la televisione di stato iraniana ne ha annunciato ufficialmente la morte.

Ebrahim Raisi è stato una figura controversa nella politica iraniana. Da un lato, era visto come il presidente del popolo, un leader che, attraverso la sua retorica, cercava di rappresentare gli interessi dei cittadini iraniani. Dall’altro lato, molti lo consideravano la mano destra dell’Ayatollah, un esecutore fedele delle volontà del Supremo Leader, impegnato a mantenere il controllo e a reprimere il dissenso.

Prima di diventare presidente, ha ricoperto diversi incarichi di alto livello all’interno del sistema giudiziario iraniano, incluso quello di Procuratore Generale e Presidente della Corte Suprema dell’Iran. La sua presidenza è stata caratterizzata da una linea dura su molte questioni interne e internazionali.

La morte di Raisi ha creato un vuoto di potere significativo in Iran, aprendo scenari di incertezza politica e potenziali conflitti interni per la successione, analogamente a quanto successo in Libia con la caduta di Gheddafi, che ha condotto a un prolungato periodo di disordine e conflitto.

La questione della successione è ora di fondamentale importanza per l’Iran. Al momento, non vi è un chiaro favorito per il ruolo di presidente, ma la popolazione iraniana manifesta crescente stanchezza nei confronti dell’Ayatollah e del suo regime repressivo.

Dinamiche e cause dell’incidente

Il 19 maggio 2024, mentre il convoglio presidenziale era di ritorno dall’inaugurazione di una diga a Khoda Afarin, al confine con l’Azerbaigian, l’elicottero su cui viaggiava Raisi è precipitato a causa di condizioni meteorologiche avverse, secondo fonti ufficiali.

La zona dello schianto, caratterizzata da terreni montuosi e fitti boschi, ha reso le operazioni di soccorso particolarmente difficili. Le condizioni meteorologiche avverse hanno ulteriormente complicato gli sforzi di recupero.

L’elicottero era un Bell 212, acquistato negli anni ‘70 quando lo Shah Mohammad Reza Pahlavi, alleato degli Stati Uniti, governava il paese. Dopo la Rivoluzione Islamica del 1979, l’Iran continuò a utilizzare molti velivoli di fabbricazione americana. Tuttavia, le sanzioni resero difficile ottenere parti di ricambio, costringendo l’Iran a ricorrere al contrabbando e al reverse engineering per mantenerli operativi.

Il Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e l’ex Ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif hanno recentemente insinuato che la colpa dell’incidente mortale sia da attribuire proprio alle sanzioni americane.

È lecito chiedersi perché Raisi, nonostante i legami tra Iran e Russia e lo scambio di tecnologie tra i due paesi, stesse utilizzando un elicottero americano così datato. Appare inoltre discutibile la scelta di far viaggiare presidente e ministro degli esteri nello stesso mezzo, nonostante il convoglio fosse composto da tre elicotteri.

Dove è precipitato l’elicottero del Presidente Raisi?

Fonti Iraniane

Secondo fonti ufficiali iraniane riportate dalla BBC, l’elicottero e i corpi senza vita sono stati rinvenuti circa 2 Km a sud-ovest del villaggio di Uzi e 58 Km a sud della Diga di Giz Galasi, nella regione dell’Azerbaigian Orientale.

Tuttavia, tracciando un perimetro di 58 Km intorno alla Diga di Giz Galasi (39.179339, 47.032936) e uno di 2 Km intorno al villaggio di Uzi (38.730833, 46.672778), al centro dell’immagine, nessuno dei punti di intersezione risulta essere a sud-ovest di quest’ultimo, sollevando dubbi sulla precisione dei dati iniziali.

Intersezione delle distanze dai punti di riferimento dichiarati
Intersezione delle distanze dai punti di riferimento dichiarati
Mappa interattiva

Per risolvere tale discrepanza, si potrebbe ipotizzare un’errore di traduzione o di stima. Prendendo in considerazione il bacino idrico di Giz Galasi (39.169167, 47.017500) al posto dell’omonima diga poco distante, e compensando possibili errori di stima con +/- 1 Km rispetto ai 58 Km dal bacino idrico (fascia delimitata da linee blu) e +/- 500 metri rispetto ai 2 Km da Uzi (fascia delimitata da linee rosse), emerge una zona (delimitata da linee gialle) la cui conformazione potrebbe rispecchiare quanto visto nelle immagini scattate sul luogo dello schianto.

Intersezione delle distanze con correzione e compensazione
Intersezione delle distanze con correzione e compensazione
Mappa interattiva

Fonti Turche

Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Anadolu, di proprietà del governo della Turchia, un drone Akinci avrebbe identificato una fonte di calore sospettata di essere il relitto dell’elicottero che trasportava il Presidente Raisi, condividendone le coordinate con le autorità iraniane.

Le coordinate riportate sul video puntano ad una zona circa 8 Km a nord-est del villaggio di Uzi, quindi a circa 10 Km di distanza rispetto a quanto riportato dalla BBC, evidenziando una discrepanza tra le due fonti.

Coordinate del video del drone turco
Coordinate del video del drone turco
Mappa interattiva

Reazioni alla notizia della morte di Raisi

Le reazioni sono state contrastanti, evidenziato un panorama complesso.

In seguito alla scomparsa del presidente, l’Ayatollah Ali Khamenei ha proclamato cinque giorni di lutto nazionale, una misura che evidenzia l’importanza della sua figura. La morte di Raisi rappresenta non solo la perdita di un leader, ma anche la fine di uno strumento chiave della repressione da parte del regime.

Raisi è già stato ampiamente descritto come martire da varie fonti interne, una designazione con implicazioni significative che potrebbe essere usata per consolidare il supporto pubblico e delegittimare gli oppositori. Potrebbe inoltre servire a preparare il terreno per incolpare, in un secondo momento, specifiche fazioni interne o potenze straniere, giustificando così eventuali purghe politiche o repressioni future.

L’opposizione ha invece accolto la notizia in modo diverso. Molti attivisti hanno ricordato il ruolo di Raisi nelle violazioni dei diritti umani. Il suo ruolo nel cosiddetto comitato della morte, durante le esecuzioni di massa del 1988, gli è valso il soprannome di “Boia di Teheran”. Alcuni segmenti dell’opposizione hanno visto la sua morte come un’opportunità per mettere in discussione la legittimità del regime e promuovere una maggiore libertà politica in Iran.

Le reazioni della popolazione sono state miste. Una parte della popolazione ha osservato i giorni di lutto nazionale proclamati dall’Ayatollah Khamenei. Tuttavia, altri segmenti della popolazione, che hanno sofferto sotto le politiche repressive di Raisi, hanno accolto la notizia con sollievo o addirittura con celebrazioni.

Contesto politico e sociale dell’Iran

L’Iran è una teocrazia islamica la cui Guida Suprema, attualmente Ali Khamenei, detiene il massimo potere e ha l’ultima parola su tutte le questioni di stato, inclusa la supervisione delle forze armate e dei media.

Il Presidente dell’Iran è il capo del governo e ha il compito di attuare le leggi e le politiche approvate dal Parlamento. Nomina i ministri del governo e gestisce le politiche economiche, sociali e amministrative del paese. Tuttavia, il suo potere è limitato dalla Guida Suprema, che può influenzarne le decisioni e ha il potere di rimuoverlo dall’incarico.

Prima della morte di Ebrahim Raisi, l’Iran stava attraversando un periodo di forti tensioni interne ed esterne. Internamente, il paese era segnato da un crescente malcontento popolare dovuto alla repressione dei diritti umani, alle difficili condizioni economiche e alle proteste su larga scala innescate dalla morte di Mahsa Amini nel 2022. Queste proteste hanno visto una partecipazione significativa e sono state duramente represse dal regime, intensificando il divario tra il governo e il popolo.

Esternamente, l’Iran affrontava pressioni internazionali a causa del suo programma nucleare e delle tensioni con Stati Uniti e Israele. Le sanzioni economiche imposte dagli Stati Uniti avevano aggravato la crisi economica, aumentando inflazione e disoccupazione. Le relazioni internazionali erano tese, con l’Iran coinvolto in conflitti in Siria e Yemen, responsabile di un recente attacco contro Israele e sostenitore dei ribelli Houthi.

Scenari futuri e prospettive politiche

Raisi non era solo uno dei candidati probabili a succedere all’Ayatollah, era il candidato personalmente preparato dal Leader Supremo stesso. Ali Khamenei aveva meticolosamente preparato Raisi per la successione, posizionandolo come la scelta preferita per garantire la continuità dei principi e delle politiche della Repubblica Islamica. La sua morte ha creato un vuoto di potere significativo in Iran, con potenziali conseguenze che vanno dalla lotta interna per la successione all’intervento delle forze militari, fino a rivolte popolari su larga scala.

Possibili candidati alla successione

Il Vice Presidente Mohammad Mokhber è stato nominato Presidente ad interim dall’Ayatollah Khamenei, per guidare il paese fino alle elezioni presidenziali in programma per il 28 giugno 2024. La sua nomina è vista come un segnale di continuità, con Mokhber che ha dichiarato di voler seguire il percorso tracciato da Raisi senza interruzioni. Le sue relazioni con il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC) e il supporto dell’Ayatollah Khamenei lo rendono un valido contendente per diventare presidente a tempo pieno.

La possibilità che sia invece Mojtaba Khamenei, figlio della Guida Suprema, a succedere al padre come leader dell’Iran, è oggetto di dibattito. Mojtaba ha una significativa influenza politica, grazie anche ai legami con gli apparati di sicurezza, inclusi i Guardiani della Rivoluzione. Tuttavia, la Repubblica Islamica si è storicamente opposta alla successione ereditaria, considerandola contraria ai principi islamici. L’Ayatollah Khomeini, leader della rivoluzione del 1979, si è più volte espresso contro il governo ereditario. Secondo fonti interne, inoltre, anche Ali Khamenei si opporrebbe all’idea di suo figlio come successore, sostenendo che ciò solleverebbe sospetti di nepotismo. Nonostante queste difficoltà, Mojtaba ha sostenitori all’interno dell’establishment politico e si ritiene che potrebbe comunque emergere come un candidato forte, specialmente se sostenuto dai potenti gruppi di sicurezza.

Alcuni media iraniani ipotizzano che anche Jamileh Alamolhoda, moglie del defunto Raisi, potrebbe candidarsi alle elezioni presidenziali. Il Consiglio dei Guardiani, però, non ha mai approvato una candidatura femminile alla presidenza dal 1979. Inoltre, si dice che Jamileh abbia turbato Khamenei con la sua interferenza negli affari di stato durante il mandato del marito.

La competizione per la presidenza potrebbe intensificarsi con altri esponenti del governo e figure influenti che potrebbero presentarsi come candidati, tra cui membri del Consiglio dei Guardiani della Costituzione o dell’Assemblea degli Esperti. Questa situazione potrebbe portare a divisioni e tensioni interne, con le fazioni rivali che cercano di consolidare il proprio potere.

Il ruolo del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica

L’IRGC è una forza militare d’élite creata dopo la Rivoluzione Islamica del 1979, con l’obiettivo di proteggere il sistema islamico e di prevenire colpi di stato o rivolte interne. In un momento di vuoto di potere, come quello creato dalla morte di Raisi, potrebbe intervenire per tentare di stabilizzare la situazione e prevenire il caos. Inoltre, la sua influenza potrebbe aumentare ulteriormente se decidesse di sostenere apertamente un candidato presidenziale o di assumere un ruolo più diretto nel governo.

Un intervento militare potrebbe fornire una stabilità temporanea, impedendo che il vuoto di potere porti a un conflitto prolungato. Tuttavia, un aumento del potere dell’IRGC potrebbe anche intensificare la repressione e limitare ulteriormente le libertà civili. La popolazione iraniana, già provata dalle difficili condizioni economiche, potrebbe reagire con ulteriori proteste e scontri violenti.

Le conseguenze a lungo termine potrebbero però essere complesse e pericolose, con importanti ripercussioni internazionali. Gli Stati Uniti vedrebbero con preoccupazione l’aumento di potere dell’IRGC, considerato da molti paesi come un’organizzazione terroristica, con conseguente inasprimento delle sanzioni economiche e ulteriore isolamento dell’Iran sulla scena internazionale.

Rischio di proteste e di rivolte popolari

Il crescente malcontento verso il regime potrebbe innescare un’ondata di rivolte popolari e proteste. Già da tempo il paese è segnato da tensioni interne significative, con una popolazione stanca delle restrizioni politiche e delle difficili condizioni economiche. La morte di Raisi, una figura chiave del regime e delle sue politiche repressive, potrebbe essere vista come un’opportunità per i movimenti di opposizione di intensificare le proteste.

La storia recente dell’Iran mostra che eventi significativi, come la morte di Mahsa
Amini nel 2022, possono rapidamente trasformarsi in ampie mobilitazioni di massa. Queste proteste, spesso guidate dai giovani e da gruppi emarginati, potrebbero esplodere nuovamente in risposta all’instabilità politica e alla mancanza di riforme. La designazione di Raisi come martire potrebbe inoltre polarizzare ulteriormente la società, creando una divisione netta tra i sostenitori del regime e coloro che chiedono un cambiamento.

Le rivolte popolari e le proteste potrebbero avere effetti profondi sulla stabilità interna dell’Iran. Il regime potrebbe rispondere con una repressione ancora più dura per mantenere l’ordine. Tuttavia, una risposta repressiva potrebbe alimentare il risentimento, indebolendo ulteriormente la legittimità del regime.

Conseguenze economiche e sociali

Il vuoto di potere in Iran non rappresenta però solo una sfida politica, ma ha il potenziale di provocare profonde conseguenze economiche e sociali, aggravando una situazione già critica. Un periodo di instabilità prolungata rischia di destabilizzare un’economia già messa a dura prova dalle sanzioni internazionali.

L’aggravarsi delle tensioni sociali potrebbe portare a un aumento della migrazione, con molti Iraniani in cerca di migliori condizioni di vita all’estero. Questo fenomeno non farebbe che impoverire ulteriormente il paese, privandolo di risorse umane preziose e alimentando la crisi economica. Le disuguaglianze sociali potrebbero aumentare, alimentando il malcontento e creando un ciclo di proteste e repressioni che rischia di spezzare ulteriormente il tessuto sociale.

Inoltre, l’instabilità potrebbe rendere l’Iran più vulnerabile a interventi esterni, con potenze straniere quali Russia e Cina che potrebbero sfruttare il caos per avanzare i propri interessi geopolitici.

Reazioni globali e implicazioni geopolitiche

Gli Stati Uniti osservano attentamente l’evolversi della situazione, soprattutto in relazione all’aumento dell’influenza del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica. Questo potrebbe portare a un ulteriore inasprimento delle sanzioni economiche e a una maggiore pressione diplomatica.

Israele e i paesi del Golfo, già preoccupati per le ambizioni nucleari iraniane e il sostegno di Teheran ai gruppi militanti nella regione, potrebbero intensificare le loro operazioni di intelligence e sabotaggio contro le infrastrutture critiche, in modo da contenere l’influenza iraniana.

La Russia e la Cina, invece, potrebbero cercare di sfruttare il vuoto di potere per rafforzare i loro legami con l’Iran. Entrambi i paesi hanno interessi strategici ed economici nella regione e potrebbero offrire supporto politico ed economico per stabilizzare il regime iraniano e assicurare la loro influenza a lungo termine.

Riflessione sulle prospettive future dell’Iran

Il futuro dell’Iran appare incerto e colmo di sfide. La competizione per la successione potrebbe intensificarsi, con le varie fazioni politiche che cercano di consolidare il proprio potere. Questa lotta interna potrebbe portare a una maggiore instabilità e a un indebolimento del regime.

Sul fronte economico, l’Iran deve affrontare una crisi profonda. Le sanzioni internazionali, combinate con la cattiva gestione economica, hanno portato a una grave inflazione e a un alto tasso di disoccupazione.

Sul piano sociale, il crescente malcontento popolare potrebbe esplodere in nuove ondate di proteste.

Considerazioni finali sulle possibili vie d’uscita dalla crisi

Per uscire dalla crisi attuale, l’Iran potrebbe dover considerare una serie di riforme politiche ed economiche. La riduzione della repressione e l’apertura al dialogo con le varie fazioni politiche e i gruppi di opposizione potrebbero contribuire a ridurre le tensioni interne. Inoltre, un impegno più deciso verso il rispetto dei diritti umani potrebbe migliorare l’immagine dell’Iran a livello internazionale e aprire la strada a una riduzione delle sanzioni.

Sul fronte economico, il nuovo governo dovrà adottare misure per migliorare le condizioni di vita della popolazione. Questo richiederà riforme significative e una gestione più trasparente ed efficiente delle risorse nazionali.

Infine, sul piano internazionale, l’Iran potrebbe cercare di ricostruire relazioni diplomatiche con i paesi occidentali, negoziando un nuovo accordo nucleare che offra garanzie di sicurezza in cambio della rimozione delle sanzioni.

Nota sull’autore

Daniel Patrick Mahoney, Italo-Americano, è un analista geopolitico e di intelligence presso Hermes – Centro Studi Europeo.

È membro del Working Group di Analisi su Geopolitica, Strategia, Economia e Intelligence, nonché del Working Group su Difesa e Spazio.